SINAPPSI

2018/1

Editoriale


Con il primo numero del 2018 si apre una nuova fase della vita di Sinappsi che si orienta ad accreditarsi come una rivista di elevato prestigio nel dibattito sull’analisi delle politiche pubbliche nel nostro Paese, in accordo con il nuovo sistema di regole emergenti di certificazione e di ranking delle riviste scientifiche italiane.

Dal 1° gennaio si è insediato il nuovo comitato editoriale composto da ricercatori dell’Inapp e da figure di provenienza accademica, di diverso profilo disciplinare e diverse esperienze pregresse di ricerca nel campo della policy analysis. Il nuovo comitato editoriale si propone di fare della rivista uno spazio di confronto, aperto e multidisciplinare, tra ricercatori (siano essi esterni o interni all’Istituto), policy-maker e stakeholder su temi di politica pubblica che hanno rilievo nel dibattito nazionale e internazionale.

Sul piano della ricerca, l’Italia, diventata nel corso degli ultimi decenni un campo di sperimentazione di un ampio spettro di politiche economiche e sociali, è recentemente tornata al centro della mappa accademica e istituzionale anche fuori dai nostri confini. Non soltanto, infatti, il nostro Paese rappresenta un caso da cui altri contesti possono apprendere, ma analisi e riflessioni relative ad esperienze maturate ‘altrove’ possono costituire materiale di comparazione per analisi approfondite alle quali Sinappsi intende offrire uno spazio adeguato, ospitando anche contributi redatti in lingua inglese.

Il confronto cui Sinappsi intende dare avvio riguarda anche il rapporto tra ricercatori e la vasta gamma di attori interessati alle politiche pubbliche, non tanto e non solo intorno a questioni di carattere scientifico, ma anche relativamente all’ampio spettro di problematiche che l’implementazione di programmi comporta, a loro volta connesse con le dotazioni dei territori e con le capacità di gestire a livello locale programmi nazionali complessi. Amministratori e policy-maker non costituiscono infatti solo un pubblico altamente competente al quale la rivista può e deve rivolgersi, ma anche osservatori privilegiati delle politiche, del loro disegno e del loro funzionamento nei diversi contesti di implementazione. Rappresentano, pertanto, una voce su aspetti di primaria importanza che nessun ricercatore può agevolmente essere in grado di ricostruire senza una partecipazione diretta ai processi decisionali ed esecutivi, e che Sinappsi deve predisporsi ad ascoltare e, se necessario, stimolare.

Nello spazio di confronto che la rivista aspira a realizzare occupano, a nostro avviso, un posto di rilievo i lavori scientifici dei giovani ricercatori: dottorandi, studenti di master, assegnisti di ricerca, neo o aspiranti ricercatori sono spesso portatori di programmi di ricerca innovativi e originali che possono contribuire ad allargare lo spettro degli approcci, dei metodi e delle basi di dati più comunemente usati nell’analisi delle politiche, producendo un valore aggiunto al dibattito scientifico che in molti casi i ricercatori più in avanti nella carriera scientifica non hanno occasione e possibilità di sperimentare. Per loro la rivista può costituire l’occasione per mettersi alla prova nella stesura del lavoro scientifico, utilizzando gli spunti forniti dagli esperti in sede di referaggio per riflettere sulla bontà della strategia di ricerca individuata, anche prima che il lavoro programmato possa giungere al suo completo compimento.

La pluralità delle voci che la rivista intende ospitare non può essere disgiunta dall’esigenza di assicurarne la qualità e il rigore metodologico, necessari ad assicurare che la rivista possa nel tempo accreditarsi come voce più autorevole e competente sui temi delle politiche pubbliche. Dal primo numero abbiamo perciò inaugurato un doveroso processo di revisione dei testi da parte di esperti anonimi, come accade ormai per tutte le pubblicazioni scientifiche. Sarà cura del comitato editoriale sottoporre i testi proposti per la pubblicazione, resi a loro volta anonimi, a due revisori competenti dei temi investigati, dai quali ci si attendono osservazioni e giudizi capaci di migliorare, laddove necessario, il testo prima della sua eventuale pubblicazione. Siamo certi che questa innovazione non scoraggerà le proposte che saranno indirizzate alla rivista, ma che, al contrario, verrà letta come una possibilità di apprendimento e di miglioramento delle proposte. Riprendendo in senso ampio una citazione di Campbell[1] di qualche anno fa, si potrebbe dire che “nel sistema sociale della scienza, una abitudine sistematica di sfiducia, combinata con ambizione, porta a monitorarsi l’un l’altro per ottenere una maggiore validità. La sfiducia organizzata produce rapporti degni di fiducia”. Siamo particolarmente grati agli autori che per primi hanno sperimentato l’avvio di questo sistema di referaggio, senza la cui disponibilità a rivedere i testi originari in tempi molto ristretti questo primo numero non avrebbe facilmente visto la luce. Stiamo perciò lavorando a far sì che in futuro la regolarità delle uscite dei prossimi numeri non vada a discapito dei tempi di lavoro necessari agli autori per tenere debitamente in conto i suggerimenti dei referee, principalmente attraverso la pubblicazione sul sito della rivista di un calendario che definisca i tempi per la sottomissione e la revisione del testo.

Il nuovo corso della rivista non si riduce al ‘maquillage’ della sua superficie, più virtuoso in ossequio alle regole della valutazione istituzionalizzata della produzione scientifica, ma riguarda la prospettiva culturale nell’analisi delle policy che si intende proporre. Nel nostro programma di sviluppo della rivista non può mancare qualche riflessione, più che sui contenuti, sul taglio con cui sul piano editoriale speriamo possano caratterizzarsi i contributi pubblicati su Sinappsi, che riguarda, in modo particolare, il rapporto tra teoria ed esercizio empirico nella valutazione delle politiche pubbliche. In un’epoca che si caratterizza per il diluvio dei dati, di differenti qualità e di diversa fonte, ci si deve interrogare sulle modalità di costruzione della documentazione empirica, ovvero su ciò che definiamo le basi informative delle politiche, riflettendo ed esplicitando i presupposti teorici dei dati raccolti che definiscono e concorrono in parte a determinare le condizioni di verità delle politiche pubbliche. I dati, in altri termini, non sono ‘neutri’, ma vanno interrogati nei loro presupposti teorici.

La grande e crescente disponibilità di dati per la ricerca, la cui produzione costituisce uno dei mandati istituzionali di Inapp, non può essere considerata solo l’occasione di esercizi di analisi fini a se stesse, ma deve permettere di illuminare, nel senso della Weiss, il corso delle politiche e delle loro realizzazioni, al fine di fornire indicazioni circa i relativi futuri effetti o le necessarie correzioni in corso d’opera, sempre tenendo in conto la diversità dei contesti di implementazione. E in questa chiave l’analisi deve inevitabilmente confrontarsi con le teorie, quelle che hanno ispirato, esplicitamente o implicitamente, le politiche stesse e quelle che hanno condotto a privilegiare un certo modo di procedere alla loro analisi e valutazione. I dati – quantitativi e qualitativi, secondo un approccio che, coerentemente con lo spirito interdisciplinare della rivista, privilegia la complementarietà delle fonti informative piuttosto che il loro ordinamento gerarchico – costituiscono una risorsa preziosa tanto per chi fa ricerca, quanto per gli amministratori pubblici, ma vanno messi in evidenza e discusse le filosofie di governo che li ispirano.

In questa prospettiva, la valutazione delle politiche pubbliche non può essere ridotta in un unico recinto informativo e nel quadro dei modelli dominanti del mainstream dei discorsi accademico-professionali. Deve poter trarre beneficio, viceversa, dall’ecologia dei paradigmi valutativi e dalla varietà delle basi informative. La valutazione delle politiche resta indubbiamente al centro degli interessi della rivista, non solo declinata in termini di valutazione degli effetti, ma anche in quelli di valutazione dell’implementazione o di valutazione ex ante e di valutazione delle performance. Pur declinata e denominata in numerose forme, a nostro avviso la valutazione resta principalmente connotata come ricerca di risposte a specifiche domande valutative che induce all’esercizio di un pensare valutativo, sempre specifico e contestualizzato, e alla costruzione di un relativo e adeguato disegno. Piuttosto che piegarsi alla contrapposizione tutta metodologica tra approcci, preferiamo sposare la concezione di una valutazione pluralista[2] che rinuncia alla gerarchia dei metodi a favore di una concezione entro cui il metodo costituisce solo il tramite per la produzione delle risposte più adeguate alle domande valutative di partenza.

In ultimo una aspirazione, più che un programma di lavoro, che può però servire a identificare al meglio quello che Sinappsi si augura di diventare. Una definizione di qualche anno fa di una delle più autorevoli esperte italiane del tema, Nicoletta Stame, qualificava la valutazione come la risposta “all’esigenza di una società democratica che vuole conoscere le proprie capacità nel fornirsi dei beni e dei servizi di cui ha bisogno, e che affronta difficoltà e limiti imparando dalla propria esperienza”[3]. Per quanto solo un’aspirazione, fare di Sinappsi il luogo di promozione di una valutazione democratica, ancorata sul “diritto a conoscere”[4], è quello cui vogliamo pensare.


1

Campbell D.T. & Russo J. (1999), Social Experimentation, Sage, Thousand Oaks CA, p. 143.

2

Stame N. (2016), Valutazione pluralista, FrancoAngeli, Milano.

3

Stame N. (1998), L’esperienza della valutazione, SEAM, Roma.

4

Mac Donald B. (1977), A politicalclassification of evaluationstudies in Hamilton D., Jenkins D., King C., Mac Donald B. &Parlett M (eds) Beyond the Number Game. A Reader in Educational Evaluation, MacMillanEducation, London.