SINAPPSI

2018/3

L’integrazione tra servizi nelle misure di contrasto alla povertà. Teoria e pratica di un concetto complesso


L’integrazione a livello istituzionale, organizzativo e professionale è una questione sempre più rilevante nell’attuazione delle politiche sociali e del lavoro. L’articolo affronta il tema dell’integrazione tra servizi nell’ambito delle politiche di contrasto alla povertà partendo da una ricostruzione concettuale e considerando approcci teorici sviluppati nella letteratura internazionale e nazionale. Vengono quindi analizzate alcune evidenze emerse dalla Rilevazione straordinaria degli interventi contro la povertà negli ambiti sociali territoriali realizzata dall’Inapp nel 2017, attraverso lo sviluppo di uno specifico indice di integrazione e infine si propongono alcune riflessioni emerse a seguito dell’attività di campo condotta nel 2018 presso l’Ambito sociale Ardea-Pomezia.

Integration at institutional, organizational and professional levels is an issue that increasingly involves the implementation of welfare policies. This article focuses on integration between services in the context of policies to combat poverty. First, a review of the concept of integration between services  in the international and national literature is presented, followed by the first evidences of an index of integration between services based on the results of a national survey on the organization of social services and measures to combat poverty at the local level (2017). Finally, the article speculates, following the field activity conducted in 2018, in the Ardea-Pomezia social district, on how the concept of integration is implemented at the local level.

Premessa

Il tema dell’integrazione a livello istituzionale, organizzativo e professionale si ritrova con sempre maggiore intensità e diffusione in disposizioni normative, documenti operativi e di indirizzo non solo nell’ambito delle politiche sociali, ma anche di quelle del lavoro, della salute e dell’istruzione. Un recente studio della Commissione europea sull’erogazione di servizi sociali integrati diretti all’attivazione lavorativa di beneficiari di reddito minimo (Eftheia 2018) esplicita in maniera efficace opportunità, ostacoli e risultati di alcuni processi di integrazione avvenuti in numerosi Paesi europei, di cui si terrà conto anche nel presente contributo. A rinforzare l’interesse nei confronti del fenomeno, nell’ambito delle politiche sociali a livello nazionale è senza dubbio l’art. 23 del decreto legislativo n. 147 del 15 settembre 2017 di istituzione del Reddito di Inclusione (ReI) il quale prevede l’offerta integrata di interventi e servizi come livello essenziale delle prestazioni. Tale offerta si attua con accordi territoriali volti a promuovere l’integrazione tra servizi sociali e organismi competenti per l’inserimento lavorativo, l’istruzione, la formazione, le politiche abitative e la salute. All’interno di tale decreto vi sono, inoltre, altri richiami diretti o indiretti all’integrazione. Prendendo spunto proprio dalle indicazioni dell’articolo citato, nel giugno 2018, durante un seminario organizzato presso l’INAPP[1], si generò un interessante dibattito intorno a un’espressione tanto semplice quanto efficace emersa durante uno degli interventi: ‘integrazione sì… ma quanto basta’. Norme e documenti in materia, infatti, sottovalutano in alcuni casi come i processi di integrazione siano, in generale, fenomeni lunghi e complessi che non sempre, e non necessariamente, producono gli effetti sperati. Dal punto di vista di un decisore politico o di un amministratore pubblico, dunque, è necessario saper comprendere quando è il caso di non forzare la mano o, invece, proseguire, avendo come obiettivo di fondo una maggiore efficienza e una maggiore efficacia del sistema di servizi da rendere al cittadino.

Nel presente articolo si affronterà il tema lungo tre direttrici principali: una prima ricostruzione del concetto di integrazione tra servizi a partire da alcune riflessioni teoriche e pratiche sviluppate nella letteratura internazionale e nazionale (paragrafo 1); in secondo luogo verranno analizzate specifiche evidenze emerse dalla rilevazione straordinaria degli interventi contro la povertà negli ambiti territoriali, condotta dall’Inapp nel 2017 in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (MLPS), attraverso la creazione di un indice specifico di integrazione tra servizi (paragrafo 2); infine, tenendo in considerazione l’attività di campo condotta nel 2018 presso uno specifico Ambito territoriale sociale nella Regione Lazio[2], si fornirà un esempio di come il concetto di integrazione viene concepito e concretamente declinato a livello locale[3] (paragrafo 3).

Attraverso un percorso che dal generale va al particolare, utilizzando fonti di dati differenti e testando uno strumento originale di analisi (l’indice di integrazione[4]), si intende sollecitare una riflessione sulla fattibilità e sostenibilità di un efficace sistema di offerta di servizi in ottica integrata.

1. Alcune riflessioni sul concetto  di integrazione

Secondo Leutz (1999) l’integrazione in ambito sanitario è “il tentativo di mettere in connessione il sistema di health care con altri sistemi di offerta di servizi alla persona (istruzione, formazione, abitazione) al fine di migliorare i risultati in termini clinici, di soddisfazione e di efficienza (…). Gli strumenti per l’integrazione includono pianificazione, formazione, decison making, sistemi informativi e monitoraggio[5]. Nel medesimo contributo vengono formulate le c.d. ‘cinque leggi dell’integrazione’ che, seppur sviluppate in contesti profondamente diversi da quello italiano (USA e UK), rappresentano una valida cornice interpretativa all’analisi qui svolta. Le cinque leggi possono essere cosi sintetizzate:

 

  1. puoi integrare tutti i servizi per alcune persone, alcuni servizi per tutte le persone, ma non puoi integrare tutti i servizi per tutte le persone;
  2. l’integrazione comporta dei costi prima che arrivino dei benefici (in un processo di integrazione i costi sono sicuri mentre i risparmi sono speranze);
  3. la tua integrazione è la mia frammentazione;
  4. non è possibile integrare un piolo quadrato e un foro rotondo;
  5. chi integra detta i tempi.

 

Senza entrare nel dettaglio delle singole enunciazioni, è importante sottolineare come esse sollevino questioni rilevanti in chiave operativa. È fondamentale, ad esempio, capire chi/cosa integrare, ma anche se integrare dei servizi, avendo sempre in mente che alla base di tutto si tratta di mettere insieme persone con differenti professionalità, competenze e personalità. La relazione tra integrazione e frammentazione espressa nel terzo punto, ad esempio, sembra essere di particolare interesse nel momento in cui si intendono costituire équipe multidisciplinari/multiprofessionali: farne parte per un operatore/professionista può implicare la sottrazione di tempo e risorse al servizio di provenienza. Come considerazione generale, inoltre, è bene sottolineare che esistono differenti ‘intensità’ di integrazione: dal semplice dialogo tra istituzioni, al coordinamento con attribuzione di ruoli e funzioni, fino alla piena integrazione con la creazione di nuove strutture ad hoc (OECD 2015). Con uno sguardo al contesto italiano, ciò si traduce nelle diverse forme di gestione associata dei servizi previste dalla normativa nazionale, nell’ambito delle quali, anche per la gestione dei servizi sociali a livello locale, si può passare dalla semplice convenzione all’Unione di Comuni[6] fino ad arrivare alla vera e propria fusione tra amministrazioni locali.

Negli ultimi anni, come in parte già messo in evidenza, è possibile individuare un rinnovato interesse nei confronti del concetto di integrazione tra servizi in particolare nell’ambito delle politiche sociali e del lavoro (Finn 2016; Provan e Milward 2001), sviluppando questioni che in ambito sanitario sono da sempre oggetto di approfondite riflessioni (WHO 2016, Valentijn et al. 2013; 2015).

L’European Social Network (ESN) nel 2015 ha promosso uno studio specifico a livello europeo su come i servizi pubblici locali, in particolare quelli a ‘finalità sociale’ (istruzione, lavoro, salute) lavorassero insieme al fine di migliorare il benessere dei cittadini (Lara Montero et al. 2016). Nello specifico, il lavoro citato affronta l’analisi mettendo insieme i risultati di una rassegna della letteratura, arricchiti da un’indagine su alcune pratiche a livello europeo ed evidenziando aspetti significativi rispetto al tema trattato. Tra le ragioni e gli obiettivi che possono indirizzare verso l’integrazione tra diverse tipologie di servizio, quelle maggiormente presenti sono relative al miglioramento degli outcomes per i beneficiari/clienti, al coordinamento tra servizi e al ‘ri-orientamento’ del sistema dei servizi di cura. Assume rilevanza nell’analisi anche il ruolo del servizio inteso come user-centred, nel quale l’utente viene messo al centro del sistema di integrazione al fine di offrire un servizio più efficace, in quanto tarato sulle reali esigenze dell’individuo o della sua famiglia, fino al coinvolgimento diretto dell’utente nel processo di costruzione del progetto personalizzato. Realizzare ciò comporta tuttavia il superamento di una serie di difficoltà, tra le quali, ad esempio, la mancanza delle competenze necessarie da parte degli operatori coinvolti. Inoltre, rispetto alle modalità di integrazione, la stessa scelta di costituire équipe multiprofessionali presenta importanti sfide organizzative: l’impegno nel favorire e sollecitare il dialogo tra professionisti abituati a codici comunicativi differenti; la gestione di eventuali ‘leadership’ all’interno di tali gruppi di lavoro; l’individuazione di ruoli e procedure ben definite a garanzia dell’equilibrio del gruppo di lavoro; la messa in comune di informazioni rilevanti (efficacia dei processi comunicativi e dei sistemi informativi a supporto).

Infine, sia dallo studio appena citato, sia da altri più specificamente riguardanti le strutture che erogano servizi di politica attiva del lavoro (Powers 2017) emerge una diffusa difficoltà nel riuscire a misurare e valutare la reale efficacia dei processi di integrazione. Ciò a testimonianza del fatto che si tratta di processi complessi che vedono il coinvolgimento di un numero di attori spesso rilevante e di livelli di governo differenti (nazionale-regionale-locale). Gli obiettivi generali di tali processi possono talvolta essere caratterizzati più da logiche di ‘potere’ o dalla mera esigenza di comunicare un cambiamento rispetto a una situazione preesistente, piuttosto che dal reale interesse al miglioramento dei servizi (Gori 2015).

La figura 1 sintetizza le opportunità e gli ostacoli al processo di integrazione tra servizi adottando una logica circolare secondo la quale i diversi elementi individuati possono assumere, a seconda delle situazioni, una diversa configurazione (ciò che può essere opportunità può trasformarsi in ostacolo e viceversa).

 

Figura 1 Opportunità e ostacoli al processo di integrazione tra servizi

 Figura 1 - Ostacoli e opportunità

Fonte: elaborazione degli Autori

 

Le riflessioni fin qui riportate rappresentano una cornice interpretativa che aiuta a comprendere quali sono (o quali potrebbero essere) le implicazioni dei processi di integrazione tra servizi sociali e servizi per l’impiego (pubblici e privati) ‘innescati’ dal Reddito di Inclusione e, in parte, già avviati dal Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA)[7]. Le due misure, infatti, rappresentano due tappe di un percorso durante il quale il policy maker ha deciso di puntare al rafforzamento del concetto di integrazione tra servizi e coordinamento tra i diversi livelli di governo coinvolti (nazionale, regionale, locale, quest’ultimo inteso come Ambiti sociali e Comuni). Inoltre, l’effettivo rafforzamento dei sistemi di welfare territoriale rappresenta uno dei banchi di prova del decreto istituivo del ReI (Scialdone 2018).

Il D.Lgs. n. 147/2017, già citato, definisce in maniera puntuale l’intera architettura per la messa a regime della misura nazionale unica di contrasto alla povertà, individuando le funzioni di Comuni, Regioni e dello stesso MLPS. Il decreto istituisce, inoltre, le équipe multidisciplinari funzionali all’attività di valutazione (multidimensionale del bisogno) alla quale devono partecipare anche i rappresentanti dei servizi pubblici per l’impiego. Il decreto prevede, in particolare (art. 2, comma 10), che le Regioni e le Province autonome adottino specifici atti di programmazione per l’attuazione del Reddito di Inclusione (ReI) con riferimento ai servizi territoriali di competenza, anche nella forma di un Piano regionale per la lotta alla povertà. In tale atto di indirizzo vanno specificate le modalità di collaborazione e di cooperazione tra i servizi sociali e gli altri enti o organismi competenti per l’inserimento lavorativo, l’istruzione e la formazione, le politiche abitative e la salute, necessarie all’attuazione del ReI. Vanno inoltre indicate le modalità operative per la costituzione delle équipe multidisciplinari (art. 5, comma 7) e per il lavoro in rete finalizzato alla realizzazione dei progetti personalizzati. Le Regioni e le Province autonome devono anche stabilire, quando gli Ambiti territoriali sociali, sanitari e del lavoro non siano coincidenti, specifiche modalità per favorire la progettazione integrata in favore dei nuclei familiari.

È importante sottolineare che il decreto istitutivo del Reddito di Cittadinanza (D.L. n. 4/2019), pur disponendo l’abrogazione del ReI, mantiene in vigore, insieme ad altri articoli di fondamentale importanza (artt. 5, 6, 7 e 10 del decreto legislativo n. 147/2017)[8], proprio il CAPO IV del decreto legislativo summenzionato, dedicato al rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali, all’interno del quale è appunto contenuto l’art. 23 già citato. Il tema dell’integrazione tra servizi, e in particolare tra servizi per il lavoro e servizi sociali, continuerà dunque a rappresentare una questione di assoluta rilevanza (Dossier n. 100/2019, Servizio studi del Senato).

2. Integrazione dei servizi sociali in Italia: alcune evidenze sullo stato dell’arte

Individuate alcune premesse teoriche e pratiche riguardanti il concetto di integrazione tra servizi, cercheremo di capire qual è lo stato dell’arte nel nostro Paese rispetto al tema dell’integrazione dei servizi sociali con altre tipologie di servizi. L’analisi si focalizzerà sulle principali evidenze emerse dalla Rilevazione straordinaria dei servizi e degli interventi di contrasto alla povertà, indagine che, nel 2017, la Direzione generale per l’Inclusione e le politiche sociali del MLPS affidava all’Inapp nell’ambito del terzo monitoraggio della programmazione sociale sull’intero territorio nazionale. L’attività di monitoraggio indirizzata agli Ambiti sociali/Piani sociali di zona, alla sua terza edizione[9], nasceva dall’esigenza di fornire agli organi istituzionali e agli operatori del settore un panorama esauriente sulle modalità di programmazione e sullo stato di attuazione dei Piani di zona, così come previsto dalla legge quadro n. 328/2000. A seguito dell’avvio del SIA nel 2017 su tutto il territorio nazionale, sin da settembre del 2016 si è ritenuto utile, in collaborazione con la citata Direzione generale del MLPS, aggiungere un focus specifico sulle azioni di contrasto alla povertà programmate dagli Ambiti territoriali. L’approfondimento sulle azioni di contrasto alla povertà scaturiva tra l’altro dall’esigenza di monitorare i servizi e gli interventi per il contrasto alla povertà attivi a livello territoriale così come previsto nel decreto di riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali 2016 (art. 3, comma 3), e aveva la funzione di raccogliere le informazioni utili alla definizione degli obiettivi di servizio per lo sviluppo degli interventi e dei servizi di contrasto alla povertà da supportare attraverso l’utilizzo delle risorse del Fondo. Era dunque un primo concreto passo per la definizione di indicatori che consentissero di attribuire risorse uniformi in base a una quota determinata secondo i fabbisogni.

La Rilevazione straordinaria degli interventi contro la povertà negli Ambiti territoriali si è svolta, a carattere universalistico, tra ottobre 2017 e gennaio 2018 e ha previsto la somministrazione di un questionario strutturato con metodologia Cawi (Computer Assisted Web Interviewing) suddiviso in otto sezioni. Hanno completato il questionario circa il 50% degli Ambiti territoriali (tabella 1) con un tasso di copertura diverso da regione a regione. Il basso tasso di copertura ottenuto scaturisce da problemi connessi a fenomeni di disturbo statistico[10] e in taluni casi alla complessa articolazione di alcuni quesiti del questionario[11].

Nella tabella 1 vengono riportate per ogni Regione il numero di Ambiti presenti sul territorio e il tipo di risposta, distinguendo, per chiarezza espositiva, tra questionari aperti e completati, questionari aperti ma non completati in ogni sezione e questionari non aperti. Pur riconoscendo i limiti delle informazioni scaturite dall’indagine[12], essa resta una delle poche fonti disponibili per ottenere informazioni a livello di Ambito territoriale[13].

 

Tabella 1 Distribuzione degli Ambiti per Regione e risposte ottenute dalla somministrazione

Tabella 1 - Distribuzione

 

* Nelle successive elaborazioni, dove possibile, sono state considerate le risposte valide fornite.

Fonte: dati Inapp – MLPS, 2017-2018

 

Al fine di poter analizzare il livello di integrazione tra servizi a livello di Ambito sociale, sono stati costruiti una serie di indicatori specifici e un indice sintetico. Gli indicatori selezionati si riferiscono a batterie di domande poste nell’ambito della rilevazione e rappresentano variabili proxi che ‘coprono’ gli aspetti ritenuti più efficaci nel rappresentare il concetto di integrazione (così come già argomentato in precedenza). Le dimensioni di analisi considerate sono le seguenti:

 

  1. Livello di gestione associata;
  2. Grado di collaborazione tra servizi pubblici;
  3. Presenza di équipe multiprofessionale per contrasto alla povertà;
  4. Modalità di integrazione tra sistemi;
  5. Coinvolgimento del partenariato sociale nella programmazione e monitoraggio;
  6. Attivazione di interventi e servizi su progettazione condivisa con la famiglia;
  7. Soggetti coinvolti nella gestione dei servizi;
  8. Presenza cartella sociale informatizzata.

 

Prima di fornire i risultati dell’indice di integrazione, diamo alcune informazioni di dettaglio relative ai singoli indicatori, focalizzando l’attenzione, per economicità del testo, sui risultati dei primi cinque tra gli indicatori esposti[14].

Il primo indicatore indica il livello di gestione associata; per la sua costruzione è stata utilizzata la domanda sulla presenza della gestione associata dei servizi sociali sul territorio e, in caso affermativo, la modalità istituzionale applicata. L’indicatore è una scala a tre livelli: il primo considera l’assenza della gestione associata (livello basso), il secondo la presenza delle diverse forme di gestione associata esclusa l’Unione di Comuni (livello medio), il terzo la presenza dell’Unione dei Comuni come la forma di gestione associata più strutturata (livello alto).

Complessivamente le esperienze a livello territoriale evidenziano forme di gestione associata in 310 Ambiti su 377 rispondenti[15]. La Convenzione per l’esercizio associato dei servizi rappresenta la forma di gestione maggiormente utilizzata dall’Ambito sociale (tabella 2). Infatti, le Convenzioni sono adottate nel 46,9% dei casi, seguite da un 23,1% di Consorzi, e da circa il 18% di Unioni di Comuni (sono residuali le altre forme di Associazione dei Comuni, 2,5%). L’indicatore ottenuto restituisce, dunque, per il 17,8% dei casi un basso livello di gestione associata, mentre per il restante 82,2% si suddivide tra una gestione alta per il 17,9% dei casi e media per il restante 66,3%.             

 

Tabella 2 Forme di gestione associata dei servizi sociali (v.a. e %)

 Tabella 2 - Forme di gestione -

Fonte: dati Inapp – MLPS, 2017-2018

Il secondo indicatore considera la domanda relativa al grado di collaborazione presente sul territorio rispetto alle diverse tipologie di servizio pubblico esistenti (ASL, CpI, servizi per le politiche abitative, enti dell’Istruzione, formazione). I tre livelli presi in considerazione sintetizzano per ogni servizio territoriale:

 

  • l’inesistenza di collaborazione o livello di collaborazione basso, ossia sporadico e non formalizzato;
  • una collaborazione strutturata e non occasionale (livello medio);
  • la piena integrazione anche con accordi formali (livello alto).

 

L’indicatore finale relativo al grado di collaborazione sintetizza la media ottenuta dal grado di collaborazione tra i diversi servizi pubblici territoriali.

In generale, la collaborazione tra i diversi servizi pubblici territoriali evidenzia situazioni con diverso grado di integrazione nel livello di governance orizzontale degli Ambiti sociali (tabella 3). Se da un lato, le modalità prevalenti di collaborazione con le ASL risultano, nell’80% circa dei casi, mediamente strutturate e non occasionali (rispettivamente per il 37,2% e per il 42,1%), quelle sul fronte dell’inclusione attiva (lavoro e formazione) risultano di grado medio e basso. La collaborazione con i Centri per l’Impiego, infatti, risulta essere alta solo per il 16% degli Ambiti mentre il 40,2% dei casi presenta gradi medi di collaborazione strutturata e non occasionale; nel 33,2% si dichiara un basso coinvolgimento, sporadico e non formalizzato, se non inesistente (10%). Per quanto riguarda la formazione, il 28% degli Ambiti prevede forme di collaborazione strutturate e non occasionali. Leggermente più strutturata la collaborazione dell’Ambito con gli enti di istruzione. Un discorso specifico vale anche per il coinvolgimento e la collaborazione con i Servizi per le politiche abitative, dove si registra l’inesistenza per il 31,7% dei casi, un basso livello per il 28,4%, un livello medio per il 29,2%.

 

Tabella 3 Grado di collaborazione dell’Ambito sociale con i diversi servizi pubblici territoriali

TAbella 3 - Grado di collaborazione

Fonte: dati Inapp – MLPS, 2017-2018

 

Un ulteriore elemento di verifica ritenuto interessante per definire l’indicatore complessivo di sviluppo della rete dei servizi è la presenza sul territorio di una équipe multiprofessionale (tabella 4) definita per la valutazione e la progettazione di servizi e interventi di contrasto alla povertà, rispetto a quanto considerato nelle linee guida del SIA. L’indicatore in questo caso considera un basso livello di integrazione se non è stata prevista l’équipe, un livello medio se l’équipe è stata prevista solo per quanto concerne gli aspetti socio-sanitari, un livello alto se è stata prevista secondo gli standard disciplinati dal decreto o come pratica consolidata. La presenza di équipe multiprofessionali nel sistema dei servizi sociali territoriali non è prevista solo nel 4,5% degli Ambiti sociali, mentre in circa il 27% dei casi questa è prevista per l’attivazione di alcuni servizi socio-sanitari (disabili, anziani non autosufficienti). È interessante notare, anche alla luce dell’attivazione delle nuove misure di contrasto alla povertà, che il 31% degli Ambiti sociali rispondenti attiva l’intervento dell’équipe per la valutazione e la progettazione di servizi e interventi limitatamente alla collaborazione con i servizi socio-sanitari poiché risulta problematico il coinvolgimento dei Centri per l’Impiego.

 

Tabella 4 Presenza équipe multiprofessionale

TAbella 5 - Presenza équipe

Fonte: dati Inapp – MLPS, 2017-2018

 

Se per l’attivazione di una rete dei servizi integrata il coinvolgimento di una équipe multidisciplinare rappresenta una modalità gestionale importante, altrettanto può dirsi per quanto riguarda il coinvolgimento del partenariato sociale.

è stato dunque sviluppato un indicatore che cerca di misurare, come negli altri casi, tre diversi livelli di integrazione: un livello basso, se non vi sono forme di coinvolgimento regolari, ma solo occasionali e dettate dalla contingenza; un livello medio laddove le forme di coinvolgimento sono quelle ordinarie previste per il Piano di zona o vi sono occasioni di confronto specifiche sul tema della povertà (ma non l’istituzione di un vero e proprio tavolo); un livello alto, in quelle forme in cui esiste un tavolo specifico con le Parti sociali e il Terzo settore per le tematiche del contrasto alla povertà o vi sono accordi formalizzati per la costituzione di una rete tra gli interventi del pubblico e del privato.

Le forme di coinvolgimento e la partecipazione del partenariato sociale di tipo ‘ordinarie’ così come previste dal Piano di zona sono il 41%, mentre le occasioni di confronto specifiche sul tema della povertà, senza la definizione specifica di tavoli, il 23,1%. Il 22,8% si organizza con una struttura che prevede veri e propri tavoli specifici sul tema di contrasto alla povertà e accordi formalizzati con le Parti sociali e il Terzo settore (tabella 5).

 

Tabella 5 Livello di coinvolgimento del partenariato sociale nella programmazione e nel monitoraggio degli interventi

TAbella 5 - Livello coninvolgimento

Fonte: dati Inapp – MLPS, 2017-2018

Infine, per quanto riguarda la modalità di integrazione tra i sistemi di servizi, i valori dell’indicatore sono stati definiti secondo i seguenti criteri: valore basso se nel corso dell’attuazione del Piano sociale di zona sono stati realizzati solo incontri di coordinamento/scambio di informazioni; valore medio se si sono costituite équipe multidisciplinari e condivisi strumenti tecnici o metodologie di intervento; valore alto se sono stati formalizzati protocolli integrati di intervento. L’indicatore anche in questo caso è una media delle diverse aree di integrazione selezionate: area sociale/sanitario, area sociale/lavoro-occupazione, area sociale/abitativo, area sociale/istruzione e formazione e area sociale/giudiziario-sicurezza (tabella 6). Valori massimi di formalizzazione (30,5%) si hanno tra i sistemi di servizi afferenti alle aree sociale e sanitaria, notoriamente le aree tra le quali da più tempo l’integrazione viene praticata e sperimentata. La situazione risulta essere diversa per quanto riguarda l’interazione tra area sociale e sistema dei servizi al lavoro e per la casa dove l’informalità sembra caratterizzare maggiormente le forme di collaborazione.

 

Tabella 6 Aree di integrazione tra i diversi sistemi di servizi nel corso dell’attuazione del PSdZ e modalità

Tabella 6 - Aree di integrazione

Fonte: dati Inapp – MLPS, 2017-2018

 

L’indice finale è di tipo additivo ed è costruito come aggregazione, dunque, dei valori dei singoli indicatori elaborati. Tale scelta è coerente con il concetto stesso di integrazione espresso, inteso come insieme di diverse dimensioni attuative. Le diverse dimensioni non sono necessariamente concatenate, ma possono essere presenti in gradi differenti e indipendenti, anche per questo l’indice composito è stato costruito senza ulteriori pesi specifici per le otto dimensioni se non quelli impliciti nel sistema di aggregazione adottato. Su questo punto, ovviamente, resta confermato l’intento sperimentale[16].

Il valore medio dell’indicatore complessivo sugli Ambiti considerati è 14 e varia da un valore minimo di 8 a un valore massimo di 21 (su 22 potenziale). Come già accennato, le differenze territoriali sono notevoli se si considera non solo il punteggio medio di ogni singola Regione ma anche il valore minimo e massimo rilevato all’interno di alcuni Ambiti (tabella 7).

 

Tabella 7 Indicatore complessivo della rete dei servizi per Regione (valori medi, minimo e massimo)

Tabella 7 - Indicatore complessivo

Fonte: dati Inapp – MLPS, 2017-2018

 

I risultati dell’applicazione dell’indice permettono di mettere in evidenza una serie di questioni di una certa rilevanza. Un primo aspetto è rappresentato dal fatto che l’integrazione (media) è costantemente più bassa nelle Regioni del Mezzogiorno (in particolare Basilicata, Calabria e Sicilia), accompagnate da alcune Regioni del Centro (in particolare Lazio e Abruzzo). Tale aspetto apre necessariamente delle riflessioni connesse al fatto che, essendo la gran parte dei beneficiari del ReI residenti nel Mezzogiorno (INPS-Osservatorio ReI 2019), sia più complicato in questi contesti garantire un’efficace offerta (integrata) di servizi. A supporto di tale ipotesi, è inoltre utile considerare un aspetto di particolare rilevanza nel momento in cui si definiscono le condizioni per l’integrazione tra servizi: la dotazione di risorse umane a disposizione. Se come detto i processi di integrazione sono di per sé complessi, lo diventano ancor più se i servizi mancano di competenze e risorse umane. In questo senso, un prezioso riferimento è rappresentato dalla banca dati sulle proposte progettuali presentate dagli Ambiti sociali in risposta all’Avviso n. 3/2016 a valere sul Programma Operativo Nazionale Inclusione per il rafforzamento della rete dei servizi sociali in funzione della messa a regime del SIA[17]. Dall’analisi dei progetti riguardanti la quasi totalità degli Ambiti sociali, emerge con chiarezza la generale e forte necessità di rafforzamento in termini di risorse umane nelle fasi principali di erogazione della misura (analisi preliminare del bisogno, valutazione ed erogazione degli interventi a supporto), esigenza percepita con maggiore intensità proprio negli Ambiti del Mezzogiorno[18]. La medesima analisi, inoltre, mette in evidenza dei dati interessanti riguardo a una dimensione presa in considerazione tra gli indicatori dell’indice di integrazione elaborato e cioè la diffusione di cartelle sociali informatizzate e più in generale di sistemi informativi attivi. Ebbene, coerentemente con quanto rilevato dall’indagine sugli Ambiti sociali (quasi la metà non dispone di supporti informatizzati), anche i progetti contenuti nel data base dell’Avviso n. 3/2016 mettono in evidenza una diffusa carenza di tale strumentazione.

Un secondo aspetto significativo da evidenziare rispetto ai risultati dell’indice di integrazione è, come accennato, la forte variabilità dei valori all’interno delle singole realtà regionali. Ciò a testimonianza della pronunciata eterogeneità dei contesti non solo a livello inter-regionale ma anche intra-regionale. In Lombardia, Sicilia, Puglia e Abruzzo sembrano esservi le situazioni nelle quali il livello di integrazione degli Ambiti cambia maggiormente. Tale aspetto, come evidente, rappresenta un’ulteriore sfida per un’offerta integrata di servizi che acquisisca il rango di livello essenziale delle prestazioni così come previsto dalla normativa.

Infine, focalizzando ancora una volta l’attenzione sulle realtà regionali con valori dell’indice di integrazione più alto, è utile sottolineare come in alcuni casi si tratti di contesti nei quali il processo di integrazione tra servizi sociali e servizi per l’impiego è stato avviato ancor prima del SIA, o da questo repentinamente stimolato. Facciamo riferimento, in particolare, alle esperienze del Friuli Venezia Giulia, del Piemonte o dell’Emilia Romagna. In quest’ultimo caso, la legge regionale n. 14/2015 rappresenta un tentativo concreto e fortemente strutturato di gestione dei processi di integrazione a regia regionale. Come affermato all’interno della delibera regionale contenente le linee di programmazione integrata in attuazione della norma regionale (D.G.R. n. 1229/2016), stante le condizioni formali in ogni caso è necessaria “l’attivazione di una cultura comune da parte degli operatori, siano essi del mondo del lavoro, del sociale e del sanitario, la condivisione di vocaboli, di visioni e di approcci, la capacità di utilizzare con modalità condivise strumenti, finanziari e non, resi disponibili dalla programmazione europea, nazionale e regionale”. I dati per ora confermano che questa è una via da seguire.

3. L’integrazione declinata a livello locale

Cosa succede quando dalle riflessioni teoriche, dall’analisi della letteratura internazionale e dei risultati delle indagini/rilevazioni nazionali si passa alla realtà dei fatti? E come ci si approccia al tema dell’integrazione ‘dal basso’, cercando di capire come concretamente una determinata policy venga interpretata e attuata dagli assistenti sociali o dagli orientatori di un centro per l’impiego, da coloro che potremmo definire, citando Lipsky (Lipsky 2010; Rice 2013), i nostri burocrati di strada?

Per provare a rispondere alle domande poste si ricostruiranno sinteticamente le principali fasi e le evidenze più significative emerse da un’indagine esplorativa, con approccio di ricerca-azione condotta nel territorio dell’Ambito sociale di Ardea-Pomezia (RM 6.4 secondo la codificazione della Regione Lazio) tra maggio e dicembre del 2018[19]. L’approfondimento di campo ha riguardato in parallelo la ricognizione di atti normativi e di regolamentazione nella governance regionale e territoriale e l’approfondimento di alcuni aspetti sulla reale gestione della misura a confronto con testimoni privilegiati dei Centri per l’Impiego e dei Servizi sociali. Uno degli obiettivi principali dell’attività di ricerca, come anche nel caso degli altri territori oggetto di analisi, era infatti quello di comprendere come si stesse organizzando il sistema dei servizi coinvolti nell’implementazione del ReI, in una fase particolarmente fluida (e caotica) nella quale il ReI iniziava concretamente a essere messo a regime e destinato a una platea più ampia (dopo l’esperienza del SIA), ma, contestualmente, a seguito delle elezioni, il Reddito di Cittadinanza cominciava il suo percorso ‘politico’. In un arco temporale relativamente ristretto (circa due anni) il sistema dei servizi sociali si è dunque dovuto adattare a cambiamenti continui dovuti all’avvicendamento di due misure di contrasto alla povertà molto simili negli obiettivi, ma diverse in molti aspetti, soprattutto di tipo procedurale e di governance (Leone 2017).

3.1 Elementi di contesto

Nella ricostruzione delle dinamiche associate al processo di integrazione nel territorio considerato è utile riprendere alcuni elementi di contesto che fanno capo sia alla governance regionale, soprattutto in tema di servizi sociali, sia alla governance locale (a livello di Ambito e dei Comuni che lo compongono).

Rispetto al primo punto, la Regione Lazio, pur con qualche ritardo, ha iniziato a elaborare dal 2016 una serie di atti normativi che con una certa puntualità affrontano il tema dell’integrazione tra servizi, in primis quella tra sociale e sanitario, ma non solo.

La legge regionale n. 11/2016 di riforma del sistema dei servizi sociali regionali rappresenta un primo step importante che, tra le altre cose, individua nella gestione associata da parte dei Comuni la modalità attraverso la quale perseguire l’efficacia e l’efficienza del sistema integrato. La Regione individua nella gestione associata obbligatoria la modalità di attuazione del sistema di welfare integrato nell’ambiente dell’Ambito territoriale; i Distretti sociali e sanitari rappresentano gli ambiti territoriali e organizzativi per la programmazione e l’erogazione delle prestazioni sociali e sanitarie e di quelle sociosanitarie integrate. Vengono privilegiate e incentivate forme di gestione dei servizi sociali stabili e dotate di personalità giuridica quali la Convenzione, il Consorzio e l’Unione di Comuni.

Anche il nuovo Piano sociale regionale prevede un forte investimento in azioni di governance finalizzate alla creazione di forme stabili per la gestione associata dei servizi e degli interventi sociali. Prevede inoltre l’attivazione di diversi strumenti di raccordo programmatico in grado di assicurare il coordinamento tra i diversi livelli territoriali e garantire la coerenza degli obiettivi e il confronto tra i processi e i risultati raggiunti in ciascun Ambito. Tra questi: revisione e rafforzamento delle Consulte e dei Tavoli di confronto tematici; promozione e attivazione dei ‘Tavoli inter-distrettuali di coordinamento degli Uffici di Piano’, a livello di ASL; organizzazione della ‘Cabina di regia’ del Piano sociale regionale, con compiti di monitoraggio e assistenza tecnica. Inoltre, con la D.G.R. n. 751 del 21 novembre 2017 sono state adottate le nuove Linee guida sull’organizzazione e il funzionamento dell’Ufficio di Piano che diviene a tutti gli effetti il fulcro operativo della gestione dei servizi da parte degli Enti associati.

Viene infine valorizzato il ruolo del Terzo settore attraverso gli strumenti della co-progettazione e della co-gestione. Sul percorso di co-progettazione la Regione Lazio ha stilato nel 2016 le linee guida Dal partenariato pubblico/privato alla co-progettazione per un nuovo welfare generativo e di comunità (Regione Lazio – Assessorato alle Politiche sociali, Sicurezza e Sport, s.d) che rappresentano un percorso nuovo di relazione tra i sistemi pubblici e le organizzazioni del Terzo settore sulla base di responsabilità e ruoli definiti.

Per quanto attiene le politiche attive del lavoro e in particolare la governance regionale dei servizi pubblici per l’impiego, dal 1° luglio 2018 le sedi dei Centri per l’Impiego presenti sul territorio regionale sono state raggruppate in tre macro aree: Lazio Sud; Lazio Nord; Lazio Centro[20].

Contestualmente è stato completato il trasferimento obbligatorio, ai sensi del comma 798 della legge di bilancio 2018, del personale dei Centri per l’Impiego dalle province alla Regione Lazio.

Di recente approvazione è il Piano Regionale di contrasto alla povertà (D.G.R. n. 810/2018), in attuazione del D.Lgs n. 147/2017 (art. 14), che completa in un certo senso il quadro, restituendo una situazione nella quale risulta essere evidente la spinta dell’attore regionale verso un sistema integrato di servizi funzionale al contrasto alla povertà.

Se a livello regionale le premesse per una efficace integrazione sono ben delineate, a livello locale le cose possono essere sensibilmente diverse per diverse ragioni. In termini sintetici possiamo identificare tre aspetti tra loro connessi che più di altri condizionano il processo di integrazione a livello locale: la carenza di risorse umane a disposizione; la bassa dotazione di risorse economiche specificamente dedicate al contrasto alla povertà a favore di altre tipologie di servizi sociali; la situazione di dissesto finanziario del Comune di Ardea (Comune capofila dell’Ambito sociale). Rispetto al vincolo del dissesto finanziario del Comune di Ardea, questo ha condizionato non solo la normale gestione dei servizi sociali a livello comunale, ma anche l’operatività dell’Ufficio di Piano dell’Ambito. Tale condizione di criticità gestionale ha anche impattato negativamente sul concreto utilizzo delle risorse destinate all’Ambito e previste nel PON Inclusione, dirette ad affrontare una significativa carenza in termini di risorse umane per la gestione della rete dei servizi sociali e in particolare degli interventi di contrasto alla povertà[21]. Tale situazione ha comportato, dunque, l’impossibilità di dare attuazione al progetto di rafforzamento dei servizi finanziato dal PON Inclusione attraverso l’Avviso n. 3/2016 con ricadute negative anche per il Comune di Pomezia.

Rispetto ai primi due punti, il Piano sociale di zona 2017 del Distretto offre indicazioni circa lo stato dell’arte dei servizi e le loro prospettive di sviluppo[22]. Aspetti considerati di interesse riguardano, in particolare, l’area del disagio e dell’esclusione sociale, in termini economici, rispetto alle risorse destinate nel 2016 e nelle previsioni del 2017, e le utenze, in termini di volumi in carico al servizio di segretariato sociale e al servizio sociale professionale.

Sul primo aspetto, in termini economici, nel 2016, le risorse destinate all’area del disagio e dell’esclusione sociale sono state residuali, intercettando solo un esiguo numero di nuclei familiari attraverso contributi economi ad hoc (76 nuclei in totale) per un totale di circa 48.000 euro. Per il 2017 le previsioni erano quelle di allocare una quota simile di risorse, aumentando però quelle destinate al supporto alloggiativo. Relativamente all’area minori e famiglia, le quote più significative in termini di risorse economiche sono state destinate all’assistenza scolastica a minori con disabilità (circa 2.500 euro per circa 400 minori), ai servizi di mensa e trasporto scolastico (oltre 3.000 euro) e ai minori in casa famiglia (1.800 euro). Con riguardo al secondo aspetto, in termini di volumi di utenza del servizio di segretariato sociale nel 2016, questi ha intercettato il bisogno di 1.500 utenti, con una previsione di 2.200 per il 2017. Numeri gestiti, a livello di distretto da cinque assistenti sociali. In termini di volumi di utenza del servizio sociale professionale, nel 2016 gli utenti che si sono rivolti a tale servizio sono stati 2.500 con una previsione di 3.000 per il 2017. A livello di distretto viene previsto che tale volume di utenza sia gestita da quattro assistenti sociali e cinque unità di personale amministrativo. Il tema della scarsità delle risorse umane a disposizione, oltre a essere stato oggetto di discussione nella fase di confronto con gli operatori sociali come si vedrà in seguito, è ‘certificato’ anche dal recente Piano Regionale di contrasto alla povertà: l’Ambito di Ardea-Pomezia è quello con il più alto rapporto tra assistenti sociali e popolazione residente tra i 35 presenti in Regione Lazio.

3.2 L’esperienza di campo

L’attività di confronto con gli attori locali responsabili dell’attuazione del ReI a livello di Ambito si è svolta in un arco temporale di circa 7/8 mesi, compreso tra maggio e dicembre del 2018 e ha focalizzato l’attenzione su quattro direttrici: l’approfondimento di alcune questioni legate al funzionamento dell’organizzazione dei servizi attraverso interviste ai referenti locali dei servizi; la partecipazione, in qualità di osservatori, a momenti di confronto tra servizi e beneficiari ReI e tra servizi di diversa tipologia (nell’ambito dell’équipe multiprofessionale); il coinvolgimento dei referenti tecnici e politici dell’attuazione della misura a livello locale in momenti seminariali presso l’Inapp; infine, la condivisione e la restituzione delle evidenze dell’azione di ricerca agli attori locali[23].

Le interviste sono state realizzate con il responsabile dell’orientamento del CPI di Pomezia e con la referente dei Servizi sociali del Comune di Ardea e hanno esplorato alcune dimensioni di analisi che possono essere cosi sintetizzate:

 

  • il raggio d’azione e il bacino di utenza del servizio (territorio di riferimento, bacino di utenza, accessibilità del sistema dei servizi, modalità di collaborazione tra i servizi);
  • l’impatto del ReI sui servizi e meccanismi di governance locale;
  • le competenze degli operatori coinvolti nell’implementazione della misura.

 

Rimanendo nell’ambito delle evidenze più strettamente connesse al processo di integrazione tra servizi di diversa tipologia (servizi sociali e servizi per l’impiego in particolare), le persone intervistate hanno messo in risalto, per un verso, la generale scarsità di risorse umane a disposizione, soprattutto dal lato dei servizi sociali; per l’altro l’utilizzo di pratiche di collaborazione informali tra servizi. In questo senso, uno degli aspetti di maggior interesse emersi nella fase di campo è proprio la cooperazione tra CPI di Pomezia e servizi sociali dei due Comuni appartenenti all’Ambito (quelli di Pomezia in particolare) nata ‘dal basso’ per adattarsi sia alla nuova regolamentazione prevista dalla misura, sia per gestire in maniera efficace un volume di utenza significativo e con bisogni differenziati. Da tale collaborazione sono nate prassi di lavoro interessanti quali, ad esempio, l’organizzazione di incontri tra servizi sociali e servizi per l’impiego con l’utenza ReI, presso il CPI di Pomezia, al fine di informare l’utenza sulle diverse opzioni a disposizione in termini di politica attiva: possibilità di impiego, corsi di formazione, programmi di inserimento lavorativo (da Garanzia Giovani all’Assegno di Ricollocazione). Agli incontri sono stati invitati a partecipare anche referenti di Enti di formazione del territorio al fine di fornire informazioni più puntuali. Sono state inoltre approfondite alcune questioni legate al rispetto della condizionalità ed è stato fatto compilare un modulo all’interno del quale era richiesta agli utenti una serie di informazioni relative alle esperienze lavorative pregresse, alla situazione abitativa e, in generale, alle principali caratteristiche del nucleo familiare (ad esempio, presenza di minori o disabili). A ogni incontro, sette in totale, hanno partecipato, in media, circa 30 beneficiari. La partecipazione degli Autori in qualità di osservatori ad alcuni di questi incontri ha reso possibile approfondire alcune dinamiche interessanti nell’interazione tra beneficiari e operatori dei servizi, in particolare la necessità da parte dell’utenza di informazioni su procedure non sempre chiare e la disponibilità al confronto da parte di entrambe le ‘parti’ in gioco. La pratica degli ‘incontri di gruppo’ va a coprire di fatto la non sostenibilità dei volumi di utenza del ReI da parte dei servizi sociali e i relativi carichi di lavoro associati alla definizione di un progetto personalizzato. In tal modo, si tenta di dare comunque avvio a un percorso personalizzato filtrando le persone volontariamente interessate a percorsi per l’occupabilità offerti dallo stesso CPI. Data la scarsità di risorse umane per l’offerta di servizi sociali (in particolare per quanto riguarda il Comune di Ardea), il CPI di Pomezia riveste un ruolo cardine nella fase di informazione e pre-assessment dell’utenza, sovrapponendo se non invertendo, di fatto, i ruoli organizzativi.

Un punto di svolta nel percorso di confronto con i referenti locali è avvenuto nel momento in cui il referente del CPI di Pomezia ha mostrato al gruppo di ricerca un data base contenente le informazioni raccolte sui circa 270 utenti ReI che avevano partecipato agli incontri sopra descritti, dati raccolti attraverso la compilazione del modulo distribuito al termine degli incontri medesimi. Sebbene si trattasse di un campione non rappresentativo della platea dei beneficiari a livello comunale (oltre 400 per il Comune di Pomezia[24] e altrettanti per il Comune di Ardea), il patrimonio informativo contenuto nel data base in questione ha permesso di definire in maniera più puntuale le principali caratteristiche dell’utenza a livello locale (vedi box 1). Tali evidenze, insieme ad altre raccolte durante l’attività di campo, hanno rappresentato il contenuto principale di un seminario di restituzione organizzato presso il CPI di Pomezia. Durante tale incontro il gruppo di ricerca Inapp ha riportato a una platea eterogenea[25] una serie di considerazioni tra cui l’utilità e la necessità di condividere dati e informazioni al fine di una migliore integrazione tra servizi.

 

Box 1 Principali caratteristiche dei beneficiari ReI

Un profilo dei beneficiari ReI rilevati presso il CPI di Pomezia:

  • il 64% è composto da donne;
  • quasi la metà si concentra nelle classi di età 30-40 (22,5%) e 40-50 (22,1%). Maggiormente rappresentata è la fascia di età tra i 50 e i 60 (per 29,2%). Gli ultrasessantenni sono il 21,8% del totale. Il 4,4% è di età inferiore ai 30 anni;
  • il 76,8% è di nazionalità italiana; il 14,8% comunitaria; l’8,5% proveniente da Paesi extracomunitari;
  • l’assenza di figli minori è rilevata nel 43,8% dei casi;
  • è presente una persona disabile in quasi il 23% dei nuclei familiari;
  • solo il 16% circa ha casa di proprietà o in usufrutto; è ospite presso famiglia, amici, conoscenti il 26,1% dei beneficiari, usufruisce di alloggio gratuito il 9,7%; la maggioranza (il 40%) è in affitto, vi sono anche situazioni di sfratto e di occupazione (rispettivamente: 2,5% + 1,8);
  • l’80 % circa presenta un titolo di studio medio-basso (licenza media e diploma);
  • meno della metà dei rispondenti ha disponibilità di un mezzo proprio;
  • le esperienze lavorative pregresse riguardano nella grande maggioranza lavori di cura (badanti, colf) e i settori della ristorazione e dell’edilizia.

 

L’utilità di costruire anche semplici banche dati apre la possibilità di ragionare su aspetti concreti, quali, ad esempio, il reale livello di occupabilità delle persone in situazione di fragilità economica e di vulnerabilità sociale. Tale ultimo aspetto rappresenta ovviamente una ulteriore sfida proprio nel momento in cui si richiede un’offerta integrata, che chiama in causa la governance delle politiche sociali, sia nel complesso della capacità di tradurre i bisogni in domanda sociale, che gioca la differenza nei processi di presa in carico, sia nell’adeguamento dell’infrastrutturazione stessa di servizi e delle competenze.

Conclusioni

Il tema dell’integrazione dei servizi nell’ambito delle politiche di contrasto alla povertà offre molteplici spunti di riflessione.

L’integrazione delle informazioni provenienti da diverse fonti (ricerche a livello internazionale, indagini nazionali e lavoro sul campo a livello locale) conduce a confermare, ma anche ad arricchire il numero e le caratteristiche delle opportunità e dei vincoli dei processi di integrazione.

Integrare implica un lavoro complesso, lungo e che richiede non solo un impianto di governance ben costruito, ma anche (o soprattutto) risorse umane sufficienti e competenti, disposte a dialogare in maniera aperta.

Una volta avviata l’integrazione dei servizi è necessario un lungo percorso di accompagnamento che ne determini il consolidamento.

In questa direzione le politiche e gli investimenti locali sono una responsabilità condivisa a tutti i livelli amministrativi. E in tale senso sono state stanziate anche le risorse previste dall’Avviso n. 3/2016 e la quota del Fondo Povertà attribuite agli Ambiti territoriali per il rafforzamento dei servizi afferenti al sistema integrato di interventi e servizi sociali.

Nel caso specifico del Reddito di Inclusione si può affermare che nonostante l’integrazione tra servizi assuma un ruolo cruciale per la sua messa a regime, i dati a disposizione e l’approfondimento di campo mettono in evidenza come vi sia grande eterogeneità delle situazioni, non solo tra Regioni ma anche all’interno delle stesse realtà regionali e, addirittura, all’interno dei singoli Ambiti sociali. Le Istituzioni locali hanno, dunque, una funzione decisiva nell’applicazione degli obiettivi designati, ma questi ultimi implicano la necessità di guardare al ‘punto di partenza’ di ciascuno.

Tuttavia, l’analisi individua anche una responsabilità decisiva dei livelli centrali di governo (nazionali e/o regionali) nel declinare il paradigma dell’integrazione in atti normativi o documenti strategici. Tale attività avviene, infatti, in maniera spesso indipendente dalla reale situazione riscontrabile a livello territoriale, senza garantire il necessario presidio dell’attuazione delle pratiche di integrazione (Ghetti 2018). Gli aspetti richiamati incidono ovviamente sulla stessa capacità del livello locale di interpretare e mettere a regime quanto immaginato dal livello centrale, soprattutto in quei contesti, molti, nei quali si parte da una situazione di oggettivo svantaggio in termini di funzionamento (esistenza?) dei servizi.

Le questioni sollevate viste nella prospettiva del prossimo avvio del Reddito di Cittadinanza, recentemente approvato, assumono un ruolo ancor più cruciale. In tal senso, il percorso di ricerca fin qui condotto potrebbe essere ulteriormente sviluppato in due direzioni: la prima, diretta a una migliore comprensione di come, a livello territoriale, i diversi servizi si stiano muovendo per lo sviluppo di una misura complessa che nasce con la duplice veste di ‘misura fondamentale di politica attiva del lavoro’ e ‘di contrasto alla povertà, alle diseguaglianza e all’esclusione sociale’; la seconda, diretta a un ulteriore sviluppo dell’indice di integrazione qui presentato, come strumento utile che concorre all’analisi e alla misurazione del livello di integrazione locale e regionale.

 

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Gori C. (2015), La riforma del welfare serve ai cittadini lombardi? Un’analisi di quadro della L.R.23/2015, Lombardia Sociale, 12 gennaio 2015 <https://bit.ly/2CvHM3o>

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INPS - Osservatorio sul Reddito di Inclusione (2019), Reddito di Inclusione. Nuclei beneficiari e persone coinvolte Mesi di competenza gennaio-dicembre 2018, Report gennaio-dicembre 2018 <https://bit.ly/2ujdMDC>

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Documenti e norme

Deliberazione 21 novembre 2017 n.751 della Regione Lazio, Attuazione art. 45, 4° comma, legge regionale 10 agosto 2016, n.11. Approvazione linee guida in ordine all’organizzazione, alla dotazione organica e al funzionamento dell’Ufficio di Piano dei distretti socio-sanitari. Approvazione nuovo schema di regolamento di organizzazione dell’Ufficio di Piano

D.G.R. 21 settembre 2016 n.1229 della Regione Emilia-Romagna, Linee di programmazione integrata tra i servizi pubblici del lavoro, sociali e sanitari

D.G.R. 26 aprile 2017 n.214 della Regione Lazio, Legge regionale 10 agosto 2016 n.11, art. 47 comma 2. Approvazione della proposta del Piano sociale regionale denominato ‘Prendersi cura, un bene comune’

D.G.R. 11 dicembre 2018 n.810 della Regione Lazio, Atto di programmazione regionale 2018-2020 attuativo degli interventi e delle misure finalizzate al contrasto alla povertà, il Reddito di Inclusione (ReI). Art. 14 del Decreto Legislativo 15 settembre 2017, n.147

Distretto socio-sanitario RM 6.4 (2017), Piano Sociale di Zona 2017 del Comune di Ardea e del Comune di Pomezia

D.L. 28 gennaio 2019 n.4, Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni. (19G00008), in G.U. Serie Generale n.23 del 28-01-2019

D. Lgs. 15 settembre 2017 n.147, Disposizioni per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà, in G.U. Serie Generale n.240 del 13-10-2017

Legge 8 novembre 2000 n.328 Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, in G.U. n.265 del 13-11-2000

L.R. 30 luglio 2015 n.14 della Regione Emilia Romagna, Disciplina a sostegno dell’inserimento lavorativo e dell’inclusione sociale delle persone in condizioni di fragilità e vulnerabilità, attraverso l’integrazione tra i servizi pubblici del lavoro, sociali e sanitari

L.R. 10 agosto 2016 n.11 della Regione Lazio, Sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali della Regione Lazio

Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (2014), Programma Operativo Nazionale (PON) Inclusione 2014-2020, cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo

Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (2016), Avviso pubblico n.3/2016 per la presentazione di progetti da finanziare a valere sul Fondo Sociale Europeo, programmazione 2014-2020, Programma Operativo Nazionale (PON) ‘Inclusione’, proposte di intervento per l’attuazione del Sostegno per l’inclusione attiva. DG per l’Inclusione e le politiche sociali

Senato della Repubblica (2019), Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni. D.L. n.4/2019 - A.S. n.1018 Dossier n.100/2019 – Ufficio studi del Senato https://bit.ly/2Hww7Wg


2

Per Ambito territoriale sociale si intende una aggregazione intercomunale che ha il compito di pianificare e programmare i servizi sociali dei Comuni, secondo quanto dettato dalla legge n. 328/2000, la legge quadro ‘per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali’ (artt. 8 e 19), configurazione contemplata poi anche dal SIA e dal ReI. L’approfondimento, condotto dagli stessi Autori, è stato realizzato nell’Ambito sociale di Ardea-Pomezia, uno dei 37 Ambiti istituiti nel Lazio.

3

Attività svolta nell’ambito del progetto di ricerca ‘Analisi dell’integrazione dei servizi sociali e dei servizi di politica attiva del lavoro ai fini dello studio dei processi d’implementazione del ReI nei diversi ambiti territoriali’ – Obiettivo tematico asse IV Capacità istituzionale e sociale – finanziata dal PON SPAO 2014-2020. Oltre che nel Lazio, l’attività è stata condotta anche in altri contesti territoriali da altri gruppi di ricerca (in Puglia, Piemonte, Campania, Friuli Venezia Giulia ed Emilia-Romagna). Del gruppo di ricerca del Lazio fanno parte oltre agli Autori anche Maria Parente e Raffaella Franceschelli.

4

La costruzione di un indice di integrazione tra servizi sociali e altre tipologie di servizi tenendo in considerazione l’ambito sociale come partizione territoriale di riferimento rappresenta, a conoscenza degli Autori, una prima sperimentazione rispetto alla letteratura di riferimento.

5

Traduzione degli Autori.

6

Per una ricostruzione recente sullo stato dell’arte dell’Unione dei Comuni a livello nazionale e sugli sviluppi delle forme di intercomunalità delle funzioni sociali, si vedano le interessanti ricostruzioni degli atti del seminario: Le Unioni di Comuni: l’evoluzione a livello nazionale e le specificità dell’Emilia-Romagna (2017).

7

www.lavoro.gov.it/notizie/documents/linee_guida_sia.pdf.

8

Gli articoli 5 (Punti per l’accesso al ReI e valutazione multidimensionale), 6 (Disposizioni in materia di ‘Progetto personalizzato’), 7 (Interventi e servizi sociali per il contrasto alla povertà), 10 (Disposizioni in materia di ‘ISEE precompilato e aggiornamento della situazione economica’) non vengono abrogati, subendo purtuttavia modifiche funzionali all’istituzione del RdC.

9

La prima attività di monitoraggio sui Piani sociali di zona a livello nazionale è stata realizzata nel 2007, seguita da una seconda indagine con modalità CAWI nel 2012/2013. Tale seconda indagine ha carattere censuario essendo riuscita a raggiungere un tasso di copertura di oltre il 70% nelle risposte da parte degli ambiti territoriali (Isfol 2013). Per approfondimenti si veda: https://www.isfol.it/attivita/indagini-e-ricerche/rapporti-e-monitoraggi/piani-sociali-di-zona.

10

10 Contestualmente all’indagine dell’Inapp, l’Ambito sociale era stato chiamato a rispondere ad altre rilevazioni: Indagine sulla spesa sociale dei comuni (Istat); Rilevazioni da parte di SOSE; Monitoraggio Programma Azione Coesione (PAC Infanzia e anziani) nelle Regioni del Mezzogiorno; attività di monitoraggio sui servizi sociali a livello regionale.

11

Gli Ambiti hanno morfologie e denominazioni differenti; è stato necessario reperire il dato (e non sempre con successo) non solo presso i singoli Comuni, ma anche tra unità diverse di forme istituzionali di gestione (ad esempio in caso di compresenza nello stesso Ambito di un Consorzio di Comuni e l’Unione di Comuni).

12

Per ulteriori riferimenti dell’indagine e per la struttura del questionario vedi: https://inapp.org/it/inapp-comunica/notizie/rilevazione-straordinaria-degli-interventi-contro-la-poverta-negli-ambiti-territoriali.

13

È utile ricordare, per completezza dell’informazione, come proprio nel 2017, in un periodo antecedente la rilevazione dell’Inapp, Alleanza contro la povertà abbia realizzato un’indagine ad hoc a carattere censuario proprio sugli Ambiti

 sociali con finalità solo in parte sovrapponibili a quella del nostro Istituto, nell’ambito dell’attività di valutazione del SIA (Leone 2017). Come nel nostro caso, il tasso di copertura dell’indagine (56%) non ha garantito il valore censuario della rilevazione. Da qualche anno inoltre, l’Indagine dell’Istat sulla spesa sociale dei Comuni permette di analizzare una serie di aspetti anche a livello di Ambito sociale. Tuttavia, i dati disponibili fanno riferimento a due anni prima della rilevazione (a gennaio 2019 sono disponibili i dati relativi al 2016).

14

Si precisa che per la costruzione dell’indicatore 6. Attivazione di interventi e servizi su progettazione condivisa con la famiglia la metodologia utilizzata è la stessa dell’indicatore n. 5, mentre per gli indicatori 7. Soggetti coinvolti nella gestione dei servizi e 8. Presenza cartella sociale informatizzata si è proceduto rilevando la presenza/assenza delle variabili utilizzate.

15

Nel numero sono considerate anche le relative risposte valide contenute nei questionari parzialmente completati.

16

Proprio perché si tratta di una prima sperimentazione ci si riserva di attribuire un ordine di importanza ai singoli indicatori eventualmente in approfondimenti successivi.

 

17

La banca dati è stata creata dall’Inapp in qualità di soggetto incaricato dal MLPS di attuare la fase istruttoria di selezione dei progetti.

18

Per una visione più esaustiva della situazione si vedano gli atti del Convegno Contro la povertà, la sfida del Reddito di Inclusione e in particolare la presentazione della Struttura inclusione sociale (Inapp 2017).

19

La scelta dell’ambito è stata orientata sia dall’analisi di contesto precedentemente svolta, sia da confronti già avviati con alcuni referenti della Regione Lazio.

20

Il CPI di Pomezia rientra nella macro area Lazio Sud. Per una visualizzazione della distribuzione dei CPI, si veda: http://www.regione.lazio.it/rl_lavoro/?vw=contenutidettaglio&id=2.

21

La proposta progettuale prevedeva circa 300.000 euro in due anni dedicati quasi esclusivamente al rafforzamento dei servizi attraverso l’assunzione di alcune risorse umane.

23

Si ringraziano per la disponibilità Giancarlo Cevoli e Maria Fiore del CPI di Pomezia, Pamela Iantaffi e Teresa Schiavone dei Servizi sociali del Comune di Pomezia, l’Assessore alle Politiche sociali del Comune di Pomezia e la referente d’Ambito del Comune di Ardea, Sabrina Tovalieri.

24

Le domande protocollate in entrata dal Comune di Pomezia, nei primi 9 mesi di attività del ReI, sono state oltre 1.000.               

25

Hanno partecipato all’incontro i referenti ReI dei Servizi sociali del Comune di Pomezia e Ardea, l’Assessore alle politiche sociali del Comune di Pomezia, alcuni operatori del CPI di Pomezia e alcune rappresentati di enti di formazione e del Terzo settore del territorio.